La figura di Michel Gondry è una delle più enigmatiche e sensibili del cinema contemporaneo.
La sua poetica penetra la narrazione per immagini in una maniera che ha spesso spiazzato la critica, oltre, ovviamente, al pubblico, estraneo a buona parte delle sue produzioni, eccezion fatta per Se mi lasci ti cancello e The Green Hornet, 'commercializzato' dalla distribuzione il primo (anche grazie alla deprimente storpiatura del titolo nella traduzione) e più vicino alla vera accezione di commerciale il secondo.
L'autore francese viene preso in esame in questa raccolta di saggi - a cura di Emanuele Protano - non per essere inquadrato necessariamente in una definizione stilistica o in una corrente di pensiero (impresa ardua), ma nel tentativo di sviscerare gli stimoli che guidano il suo approccio all'opera cinematografica, per esempio attraverso l'analisi della scelta delle musiche o il tentativo di mettere le fondamenta per una psicologia del suo cinema, grazie all'affascinante supporto delle teorie di neuroestetica.
Il filo conduttore è l'idea che l'opus di Gondry vada a mettere in discussione il gioco del postmoderno; gioco perché la dinamica del centro che sfugge e della moltiplicazione dei punti di vista ha concesso troppe licenze ultimamente, così agli artisti come ai critici e agli accademici. Gondry nasce, come periodo storico, proprio in un contesto del genere, ma è riuscito ad affrancarsi da queste dinamiche grazie a un'evoluzione continua, con pellicole che hanno certificato - in primis - l'imbarazzo di trovarsi di fronte all'impossibilità di narrare; inoltre ha fuso i generi, ha dato una spallata ai preziosismi del manierismo, ha scherzato con la memoria dello spettatore e con i personaggi, li ha resi cartoon e marionette.
Ogni suo film è sembrato racchiudere lo snodo di un tema narrativo e filmico ogni volta diverso, come a dire: "E adesso? Come mi inquadri?", scardinando regole prestabilite e costringendo l'interpretazione a deviare da una strada già battuta.
Inoltre, si è quasi tentati di leggere in certi passaggi delle sue pellicole sfumature di autobiografia, procedimento critico da tempo messo (a ragione) in croce, ma che, qui, induce molto in tentazione.
I punti di vista si moltiplicano, dal momento in cui si può muovere dai suoi trascorsi nel videoclip (The White Stripes, Sinead O'Connor. Daft Punk e Foo Fighters, tra gli altri) al rapporto con lo sceneggiatore, indispensabile per il suo successo, Charlie Kaufman, con il quale ha creato un connubio di menti tra i più geniali del cinema contemporaneo.
Detto questo, il libro coglie un momento opportuno per provare a illustrare la complessa opera di Gondry: indipendentemente dai gusti personali, un autore chiave di inizio millennio, forse un tramite tra oggi e ciò che verrà domani.

Titolo ........... Michel Gondry. L'eterno dodicenne

Curatore ........... Emanuele Protano

Dati ........... 2012, 183 p., brossura

Editore ........... Ass. Culturale Il Foglio - Collana Cinema