"Il film, ambientato a Roma, fa un dipinto ironico di queste figure, e Gaetano e Giovannino, i nostri borsisti, diventano degli eroi, nonostante la loro attività. Il primo, furbo e senza scrupoli, vive in un appartamento lussuoso, e con tutti i comfort, dal telefono al grammofono, mentre l'altro, più ingenuo e onesto, riesce a malapena a sopravvivere. Alla fine, però, Giovannino e la moglie, saranno premiati per questa loro onestà, con un lavoro vero, mentre Gaetano finirà in carcere. Ma i veri colpevoli non erano quasi mai coloro che vendevano per la strada, ma gli sfruttatori che li rifornivano, e che esigevano a fine giornata gran parte dell'incasso. Calvino ha una descrizione efficace a riguardo: "Nelle mense popolari da sessanta lire dove mangio io, viene anche questa specie di gente: borsaneristi grossi o piccoli con un gusto per l'economia rimasto in loro dai tempi di miseria, e con slanci di prodigalità ogni tanto, quando si ricordano di avere le tasche piene di carte da mille, slanci che li fanno ordinare tagliatelle e bistecche, mentre tutti noialtri, scapoli magri che mangiamo col buono, facciamo gli occhi lunghi e ingolliamo cucchiai di minestra"." (Brano tratto dalla tesi di Stefano Piovan)