"In Agnes of God ciò che la narrazione mostra allo spettatore si rivela insufficiente a chiarire l’enigma proposto: il bambino che partorisce la suora è frutto di una violenza o deve la sua concezione allo Spirito? Ora, lo spettatore potrà nutrire sospetti ma dovrà arrendersi all’assenza di una verità univoca predefinita dall’autore.
Il plot divarica la soluzione della diegesi in due opzioni, l’una in relazione all’altra, distinte e contraddittorie, entrambe destinate a rimanere sospese nella placenta del “ragionevole dubbio”. Ambedue mantengono la stessa probabilità di essersi verificate; non è verificabile scientificamente la falsità della metafisica ipotesi in base alla quale la donna sostiene di aver provato un incontro di natura sessuale con una sorta di messo divino, mettendo in gioco una qualche forma di nuova “immacolata concezione”.
A tutti gli effetti pare un’ eventualità assurda. La presunzione di un miracolo. Tuttavia non possiamo fare a meno di considerare preziosa ai fini del presente elaborato la seguente riflessione di Paolo Aldo Rossi, cioè non vorremmo certo identificarci in quegli '(…) uomini che, davanti a circostanze incomprensibili, o meglio non traducibili in una proposizione suscettibile di essere ricavata deduttivamente, all’interno di teorie da loro stessi accettate come vere, non si limitano a dichiarare falso l’asserto che li descrive, ma si spingono ad affermare che quegli eventi non sono mai accaduti poiché sarebbe stato impossibile che accadessero. In tutto questo si dimenticano di far precedere al termine impossibile l’avverbio logicamente. Sfortunatamente il mondo in cui viviamo è di frequente intessuto di quello che noi diciamo logicamente impossibile o, più semplicemente, assurdo'."