Prima del ’77. Prima della lotta armata. Prima del delitto Moro. Ma dopo il ’68 e le sue utopie. In quella fase di limbo in cui non si credeva più di cambiare il mondo e subentravano la rabbia e la frustrazione, il cinema italiano si rinchiude in una riflessione sempre più autoriale e a tratti autoreferenziale. Oppure dalla contestazione si passava volentieri dall’altra parte della barricata e cioè al cinema di genere, specialmente a quello erotico o alla commedia all’italiana. Da Lou Castel a Laura Antonelli. Da Grazie zia a Malizia. Come ideale coda alla rassegna Schermi in fiamme. Il cinema della contestazione, si è voluto proporre tre film di difficile se non impossibile visibilità, che presentavano tre tipi di contestazioni diverse. Per Ugo Novello l’unico modo di contestare appare emblematicamente sin dal titolo Testa in giù... gambe in aria, curioso thriller esistenziale. Rifugiarsi cioè in una posizione della disciplina yoga, stando immobile con la testa e le gambe per aria. Per l’arrabbiato Sergio Nasca l’unico modo per distruggere la società borghese è diventare dei saprofiti, cioè diventare dei parassiti e trovare il momento opportuno per dare il colpo di grazia al “male” per eccellenza: la famiglia. E Il saprofita pieno di furori bellochiani e di anticlericalismi buñueliani è anche un’intelligente rilettura delle dinamiche vittima /carnefice presenti ne Il servo (1963) di Joseph Losey. Per Mino Guerrini i contestatori sono studentelli, figli di papà e con poca voglia di studiare. E le vittime sono spesso i contestati. Professore venga accompagnato dai suoi genitori è anche un’occasione per (ri)vedere un’opera in controluce, avendo in mente e facendo i rispettivi confronti con gli epigoni della commedia all’italiana (le varie insegnanti e le varie liceali), ovvero il cinema del riflusso che avrà la sua morte definitiva negli anni Ottanta. Il resto è televisione.

ore 17.00
Professore venga accompagnato dai suoi genitori
(1974)
Regia: Mino Guerrini; soggetto e sceneggiatura: [Franco] Castellano e Pipolo [Giuseppe Moccia]; fotografia: Aristide Massaccesi; musica: Franco Campanino; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Aldo Maccione, Jacques Dufilho, Piero Mazzarella, Gabriella Pallotta, Enzo Cannavale, Michele Gammino; origine: Italia/Francia; produzione: Coralta Cinematografica, Les Productions Fox Europa; durata: 100’
La scuola secondo Mino Guerrini, grande pittore, innovatore dell’arte italiana con il gruppo Forma 1, poi brillante giornalista e infine regista di film da riscoprire alla fine degli anni Sessanta (Il terzo occhio, Omicidio per appuntamento, Gangster ’70, Colpo di sole). Prima delle liceali e delle ripetenti, I ragazzi della terza C e di Notte prima degli esami, una summa del genere innestata nella società italiana post ’68, quindi goliardia e contestazione a go go, senza le volgarità e le furbizie del cinema a venire, quasi un instant-movie sulla scuola italiana fatta a pezzi dagli studenti. Dufilho e Maccione da antologia e grandi duetti Mazzarella-Cannavale.

ore 19.00
Testa in giù... gambe in aria
(1972)
Regia: Ugo Novello; soggetto e sceneggiatura: U. Novello, Maurizio Mazzotta; fotografia: Aldo De Robertis; musica: Renato Serio; montaggio: Giancarlo Venarucci Cadueri; interpreti: Corrado Pani, Marina Malfatti, Andreina Paul, Daniela Caroli, Piero Vida, Filippo De Gara; origine: Italia; produzione: Welcome Cinematografica; durata: 91’
«Andrea è un eroe, per così dire, della nostra epoca. Figlio del secolo e di genitori troppo remissivi, egli è scontento della società, del proprio lavoro, dei divertimenti, degli amici, delle donne, dell’aria che respira e di se stesso. Non è comunque aggressivo. Si diverte a sfruttare tutti i godimenti dal “sistema”, cercando nel contempo un mezzo per ignorarne le difficoltà e gli inconvenienti. Pensa che questo avvenga nella disciplina yoga e nella posizione del “Shirshasana” vale a dire nello stare immobile con la testa verso terra e le gambe per aria. Ma dato che l’Occidente non gradisce l’immobilismo, Andrea viene trascinato in una catena di delitti; viene preso per assassino; si trova faccia a faccia con un feroce criminale. Non trova di meglio che affrontare ed eliminare da solo il maniaco che se ne va in giro per Roma strangolando soltanto i professori» (www.cinematografo.it).
Il film è invisibile da anni. Per Poppi e Pecorari il film «non risulta iscritto al Pubblico Registro Cinematografico».

ore 21.00
Il saprofita
(1974)
Regia: Sergio Nasca; soggetto e sceneggiatura: S. Nasca; fotografia: Giuseppe Aquari; musica: Sante Maria Romitelli; montaggio: Giuseppe Giacobino, Erminia Marani; interpreti: Valeria Moriconi, Al Cliver [Pier Luigi Conti], Janet Agren, Giancarlo Mariangeli, Cinzia Bruno, Leopoldo Trieste; origine: Italia; produzione: Belial Film; durata: 100’
«Il saprofita (“si dice di microrganismo vegetale privo di clorofilla che vive a spese di organismi morti e di sostanze organiche di decomposizione”, avverte il Dizionario Garzanti) è un fusto alto e biondo che ha perso l’uso della favella. Dimesso dal seminario dove peraltro aveva subito solo lezioni di morbosità e di autoritarismo, il giovanotto va a fare l’autista in casa di ricchi. Siamo nel profondo sud (le immagini della cittadina sono state girate a Ostuni in Puglia), dove le tare e i vizi della classe agiata si consumano tra le pareti domestiche. C’è un padrone anziano che rimbecillisce circondato dai gagliardetti, c’è una madre che abbranca i dipendenti maschi dietro gli usci, c’è una figlia che mostra le mutandine e c’è un figlio tredicenne storpio dalla nascita per sifilide ereditaria. Quest’esempio di bella famiglia italiana è appunto l’ambiente in decomposizione atto a far prosperare l’infame saprofita, che fa presto a trasformarsi in magnaccia e assassino. L’esordiente regista Sergio Nasca viene dal clan di Bellocchio, e si vede. Con l’ansia di profanare la famiglia e di contestare l’educazione clericale, il suo film sembra una sintesi di I pugni in tasca e Nel nome del padre. C’è anche un pellegrinaggio a Lourdes, che rappresenta il capitolo più originale» (Kezich). «Piccolo cult degli anni ’70. Opera prima di Sergio Nasca, celebre soprattutto per il titolo e per aver lanciato l’allora sconosciuto Al Cliver alias Pier Luigi Conti» (Giusti).