"Si può affermare, come s’è fatto allora, che il neorealismo è stato un movimento sostanzialmente unitario, in quanto vi era la comune volontà per cineasti e scrittori, di interessarsi alla realtà umana, sociale e politica dall’Italia uscita dalla guerra e dalla resistenza, In questa missione, il cinema era considerato giustamente come il mezzo più importante per affondare il bisturi dell’osservazione critica nel vivo di un corpo sociale per la prima volta veniva visto con occhi liberi da schemi e preconcetti. Non si comprese subito che il neorealismo cinematografico fu in primo luogo un metodo di indagine, un modo nuovo di guardare attorno a sé stessi, di vedere i fatti e gli uomini non come proiezione di una particolare ideologia, ma come stimolo semmai, a una revisione di valori, a un approfondimento di temi e a un’ulteriore indagine conoscitiva. Molti cineasti nel dopoguerra ebbero difficoltà a farsi accreditare dai nuovi governi democratici. Dopo la fugace esperienza del Governo Parri d’unità nazionale sorto all’indomani della liberazione di Roma, dal 1946 si dà vita al primo di una serie di governi de Gasperi, che comprendevano anche le sinistre dei comunisti e socialisti al potere, una situazione che resse fino al gennaio 1947, dopo l’importante viaggio negli Stati Uniti di de Gasperi, dopo il quale finì la stagione dell’unità delle forze politiche antifasciste. Nella nuova atmosfera di anti-comunismo dovuta alle forti influenze e pressioni americane nel nostro paese, capitò perfino a Rossellini di subire critiche e accuse di filo-bolscevismo per colpa dei messaggi espressi nei suoi film (lui che comunista non era mai stato), soprattutto dal ministro della cultura Giulio Andreotti. Queste critiche culminano nel 1952, in piena guerra fredda, in occasione dell’uscita di Europa 51, uno dei cinque film che Rossellini girò con la moglie Ingrid Bergman." (Brano tratto dalla tesi di Salvatore Molignano)