Francesca Arangio, nella sua tesi, analizza le dinamiche di Lost in translation dal punto di vista del rapporto dei personaggi con la metropoli che li circonda, del contrasto tra rumori e silenzio, del significato dell'incontro di due anime bisognose di compagnia e di pace.

"Come contorno alla loro amicizia, una megalopoli onirica e caotica, tanto grande da far perdere chiunque. Ma la Tokyo allucinata delle luci, dei colori e dei videogame non fa per loro: preferiscono restare in camera o al bar, parlare e capirsi perfettamente.
È un film fatto di pensieri espressi in silenzio: i due protagonisti al di fuori dell'hotel sono spersi nel mare di luci e nelle scritte dai caratteri incomprensibili, persi nel vano tentativo di orientarti in quel delirio; dentro l'hotel dove tutto è molto più calmo, silenzioso, ovattato s'indebolisce la percezione degli altri corpi, delle luci e dei colori e i due si sentono più al sicuro per esprimere gli stati d'animo.
Comunque sanno che c'è una città da esplorare là fuori per cui, attratti dalla follia della città, si tuffano insieme nella vita notturna di Tokyo."