Con la traduzione di Ilaria Floreano, Bietti esce con un documento raro che gravita intorno a una delle pellicole più incisive dell'ultima decade, Kill Bill.
Le parole sono quelle di David Carradine, che racconta nel dettaglio e con molta sensibilità la sua esperienza a contatto con Tarantino per dare vita al personaggio di Bill, l'oggetto della vendetta disperata della protagonista.
Ampio spazio per aneddoti, le conversazioni cinefile tra attore e regista, la preparazione per la sequenza finale e l'allenamento fisico, cioè il ritorno al kung fu.
Già, perché Carradine, cresciuto in una famiglia di attori e artisti, ha recitato ovunque e con chiunque, ma molti lo ricordano per la serie del maestro di arti marziali; un sottogenere che Tarantino ha contribuito a rispolverare, tanto nelle tematiche quanto nelle coreografie.
Originale e disordinato, Carradine non può perdere l'occasione che gli si presenta, sostituire Warren Beatty, scartato dal progetto per divergenze caratteriali e di interessi con il regista.
I sacrifici e la dedizione dell'attore renderanno Bill un nemico indimenticabile, impassibile e affascinante nel suo viso rugoso e segnato dal tempo.
Alla soglia dei settant'anni Carradine infila in pieno il ruolo che consacra una carriera folle, da outsider, ritroso inadatto ai tappeti rossi.
Non godrà a lungo della sua rinascita; sei anni dopo l'uscita di Kill Bill l'attore viene trovato morto in una camera d'albergo a Bangkok. Asfissia autoerotica.
Il suo racconto è da gustare fino in fondo.