Quanto possono essere distanti, nell'immaginario comune, le figure di Spielberg e Malick? Qualche anno luce, direbbero gli appassionati.
D'altro canto, per la massa, Spielberg è il cinema per antonomasia, Malick è in pratica uno sconosciuto.
Il presupposto è quindi una certa inavvicinabilità dei due fenomeni, ma Alberto Spadafora ha trovato strumenti per elaborare un confronto tra i due registi in In cielo, in terra. Terrence Malick e Steven Spielberg, attraverso un elaborato approccio comparativo che si snoda, favorito da un'affascinante coincidenza (o no?..) cronologica, intorno a due date fondamentali, il 1974 e il 1998.
La prima segna l'esordio di entrambi sul grande schermo, Malick con Badlands e Spielberg con Sugarland Express; la seconda vede l'uscita di due pellicole che hanno segnato il decennio, La sottile linea rossa e Salvate il soldato Ryan, entrambe con la gradita partecipazione di mezza Hollywood, quando i due hanno ormai raggiunto lo status che permette loro di agire in libertà, pur con le dovute diversità.
Più di due decenni di distanza nei quali è successo di tutto, cinematograficamente e non. Malick colpisce con un film e sparisce per anni, cerebrale e metodico, mentre Spielberg vanta una produzione agli antipodi per quantità, tra regie, Amblin e Dreamworks varie. Quest'ultimo è un'icona, il grande burattinaio che può venirti a pescare a suo piacimento, l'altro devi inseguirlo tu: per La sottile linea rossa vennero provinate centinaia di attori e DiCaprio, che non voleva mancare, volò addirittura a casa d Malick per convincerlo a includerlo nel progetto, invano.
Resta il fatto che, nel momento in cui si incrociano, le strade di questi registi generano collisioni cruciali: all'inizio sul terreno del road movie, genere principe negli anni Settanta, poi, al tramonto del millennio, con due epici war movie.
L'autore non dimentica di ricostruire, giustamente, il contesto storico e culturale nel quale questi prodotti sono stati concepiti e realizzati, il che equivale a fornire una lente di ingrandimento ai meno esperti per scrutare meglio gli Stati Uniti e la loro storia. Per esempio, a proposito dei primi anni Settanta, non si può non ricordare il Vietnam, il caso Watergate e tutto il discorso sulla New Hollywood, che, nella seconda metà del decennio, esplode nella sua accezione di ritorno alla logica degli studios legata alla grande produzione commerciale.
La comparazione tra le pellicole trova il suo punto di forza nel paragone analitico e capillare tra le sequenze dei film, scandite, innanzitutto, ed elencate da manuale: una base tecnica che permette poi un confronto lungo percorsi di genere e di regia - che danno il nome ai capitoli - volti a sviscerare le corrispondenze o le antitesi nei movimenti di macchina così come nelle sequenze archetipiche dei film.
Insomma, il saggio di Spadafora è quello che una volta si sarebbe chiamato un lavoro certosino, per un totale di quasi 200 pagine accompagnate da una vasta bibliografia.
La prefazione di Giulia Carluccio inquadra bene il taglio dell'autore che ha permesso il raffronto tra due artisti così diversi, con un doveroso riferimento al peso odierno dei cultural studies. Uscito per Bietti, collana Heterotopia.