Un appuntamento ormai storico per gli appassionati del cinema del sud del mondo, l’unico festival in Italia interamente dedicato alla conoscenza della cinematografia, delle realtà e delle culture dei paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Oltre 50 nazioni rappresentate, circa 80 tra film e video proiettati.
Il programma del 19° Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina prevede le ormai consuete 2 sezioni “competitive”: Concorsi Finestre sul mondo: aperte ai lungometraggi di fiction e ai documentari di Africa, Asia e America Latina.
Tra i film selezionati in prima nazionale: il film cileno La nana, vincitore del premio speciale della giuria e premio miglior attrice al Sundance 2009, e l’ultimo film del regista argentino Pablo Trapero, Leonera presentato a Cannes 2008; dal festival di Rotterdam 2009, Adela l’ultima opera di un regista ormai culto nelle filippine Adolfo Alix Junior.
E tre concorsi riservati esclusivamente all’Africa: Concorso per il Miglior Film Africano e i Concorsi per i Migliori Cortometraggi di Fiction e Documentari. Tra i titoli: Sex , gombo et beurre salé, l’irresistibile commedia “all’africana” del regista di Daratt, Mahamat Saleh Haroun, e Nothing but the truth, l’opera prima dell’attore sudafricano John Kani (interprete di Un’arida stagione bianca e Spiriti nelle tenebre).

Il Festival dedicherà un Omaggio a Darezhan Omirbayev. Regista di fama internazionale, Darezhan Omirbayev è uno dei cineasti più rappresentatavi del Kazakistan, e ha legato il suo nome a quella che all’inizio degli anni Novanta si pose all’attenzione internazionale come la nouvelle vague kazaka, una intensa produzione cinemetografica nazionale fondata su una profonda dimensione poetica scaturita da una tensione culturale unitaria e da una fertile coagulazione di spinte e motivi sociali e culturali. Omirbayev è tra i registi che fin da subito esprimono un personale percorso d’autore e presenta una filmografia ricca di personalità. Una dimensione poetica, abitata da indimenticabili personaggi colti nelle loro conflittualità esistenziali, che il regista esplora nei cinque lungometraggi realizzati, che hanno ricevuto riconoscimenti nei maggiori festival cinematografici. Con il suo primo film Kairat (1992), la storia, quasi senza dialoghi, di un giovane uomo che emigra da un villaggio verso la grande città, vince il Pardo d’argento al Festival di Locarno. Con Cardiogramma (1995), selezionato in competizione alla Mostra del Cinema di Venezia, racconta la storia di un ragazzino di 12 anni che vive isolato nelle steppe e parte alla scoperta del mondo. Tueur à gages (1998), uno dei suoi lavori più significativi, narra le vicende di Marat, un autista che s’improvvisa killer per pagare i debiti. Il film vince il premio della sezione.
Un Certain Regard al Festival di Cannes. Seguono la crisi d’identità professionale e personale di un regista in Jol (2001), sempre presentato a Cannes, dove e Shuga (2007) storia di una donna nella moderna capitale Astana, liberamente ispirato ad Anna Karenina di Tolstoij. Il regista sarà presente al festival ed incontrerà il pubblico in occasione della proiezione dei suoi film.

In seguito al grande successo di pubblico e di stampa della sezione “Musalsalat e il terrorismo sugli schermi arabi”, il festival rinnova l’interesse per i media arabi con lasezione tematica: Al Jazeera, l’occhio arabo sul mondo.
Dall’undici settembre in poi assistiamo ad una sempre più progressiva “mediatizzazione” dei rapporti fra le culture. Con la diminuzione dei viaggi, l’aumento del terrore globale e l’irrigidimento delle leggi sull’immigrazione, la conoscenza tende a ridursi alla semplice conoscenza mass-mediatica, creata e consumata attraverso gli schermi televisivi. L’undici settembre è stato anche il fatidico momento in cui l’Occidente ha scoperto improvvisamente, attraverso il canale Al Jazeera, che la civiltà araba, da sempre considerata iconoclasta e incapace di rapportarsi alle immagini, riusciva invece ad autorappresentarsi e a rappresentare il mondo attraverso i mass media.
Molta della retorica contro Al Jazeera e la sua presunta istigazione al terrorismo presente su gran parte dei media americani ed europei è dovuta proprio a questa reazione istintiva per la perdita di una supremazia mediatica fino ad allora indiscussa, piuttosto che ad un’attenta analisi dei programmi di quest’emittente. In realtà l’Occidente conosce molto poco dell’universo mediatico arabo che si dispiega ormai su oltre 500 canali satellitari in chiaro prodotti dagli arabi per gli arabi, con offerte di musica, quiz, reality show, documentari, sport.
A questo punto, è doverosa la domanda: quale immagine dell’Occidente viene fuori da questa miriade di canali televisivi? Come si vede l’Occidente dal mondo arabo attraverso i suoi media? La selezione di programmi televisivi di Al Jazeera proposti al Festival tenta di dare una risposta a questa domanda, presentando una carrellata di trasmissioni che affrontano l’argomento Obama e la politica Usa, come il talk show Al ittijah al Moakis (La direzione opposta) condotto da Faisal Al Kasim, anchormen di Al Jazeera; mostrando una soap opera, di produzione giordana, Al Ijtiyah (L’invasione) sull’invasione israeliana del campo profughi palestinese di Jenin, che ha ottenuto il prestigioso premio Emmy Award, o il reportage As-sajin (Il detenuto 345) che narra le vicende di un cameraman di Al Jazeera detenuto per sette anni a Guantanamo. Un assaggio di un universo televisivo variegato e complesso, che si interroga sui rapporti con l’Occidente in maniera nuova ed originale.


Tavola rotonda
Giovedì 26 marzo - ore 17.00 - Spazio Oberdan
Al Jazeera , l’occhio arabo sul mondo. Per conoscere meglio il canale televisivo arabo più famoso del mondo, ma di cui pochi in Occidente conoscono la programmazione, incontriamo Mohamed Challouf (curatore della rassegna), Donatella Della Ratta (giornalista specializzata in media arabi),Ahmad Mahfouz (direttore Documentary Channel di Al Jazeera). Prima dell’incontro sarà proiettato il documentario Vedo, sento, parlo sulla storia della creazione del canale Al Jazeera.

Il fuoriconcorso del Festival dedicato ai film su tre continenti girati da registi occidentali riserva un’attenzione particolare ai registi italiani con la sezione Extr’A che presenta opere rivolte ai tre continenti protagonisti del Festival e che trattano problematiche relative all’immigrazione in Italia. Tra i titoli: Parafernalia di M. Coppola e G. Giommi su una giovanissima e inquietante predicatrice della chiesa evangelica brasiliana; Enjoy the Poverty di Renzo Martens, scioccante documentario sulla povertà in Congo che diventa la prima risorsa nazionale… a vantaggio di pochi; dalla Corea, Yodok Stories, documentario sulla preparazione di un musical ispirato alla dittatura in Corea del Nord che vede coinvolti cinque ex detenuti dei campi di concentramento; Youssou N’dour: I Bring What I Love, sul famoso cantante senegalese e il suo rapporto con l’Islam.

Alla programmazione nelle sale cinematografiche si affiancano gli eventi del Festival Center, ubicato nel bastione ovest di Porta Venezia. Tutte le attività per il pubblico saranno gratuite.

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Per maggiori informazioni sul programma delle giornate consultare il sito: www.festivalcinemaafricano.org/