In Concorso un testa a testa tutto al femminile: l’esordiente Stéphanie Duvivier affronta il polar in "Un roman policier" con il veterano Olivier Marchal, mentre Deepa Mehta si confronta con tradizione e sogni di libertà in Heaven on Earth.

Prosegue l’omaggio a Isabel Coixet: la regista catalana riflette sulla solitudine, il dolore di un rapporto naufragato e la possibile “terapia per immagini” in: "Le cose che non ti ho mai detto"

La retrospettiva su David Lean propone il ritratto di un industriale senza scrupoli in Ali del futuro

È una Marsiglia cupa e livida, costantemente ripresa di notte, spazzata dalla pioggia, quella che Stéphanie Duvivier fissa nell’esordio dietro la macchina da presa Un roman policier. Un’opera prima che guarda al nuovo polar francese e che vanta l’interpretazione di uno dei nomi di punta del cinema poliziesco d’oltralpe, l’attore e regista, nonché ex poliziotto, Olivier Marchal. Duvivier segue una pattuglia mista della polizia e fa esplodere con stile asciutto i conflitti tra uomini e donne, immigrati algerini e trafficanti di droga, superiori e sottoposti.
Un lungometraggio di cui ha scritto la sceneggiatura e che conferma il talento della trentacinquenne cineasta marocchina, vincitrice del Premio del pubblico al Festival del Cinema Arabo di Argeles con il primo corto Le mariage en papier e nominata ai César con il secondo lavoro Hymn à la gazelle. Proiezione alle ore 18.00 al cinema Kappadue.

India e Canada a confronto nella pellicola di Deepa Mehta Heaven on Earth: l’autrice della “trilogia degli elementi” torna sugli schermi veronesi rinnovando un sodalizio iniziato nel 1997, anno in cui Fire ha vinto il Premio come miglior film; Mehta è poi tornata al Festival con il successivo Earth, presentato fuori concorso nel 1999 alla presenza della regista e dell’attrice protagonista, Nandita Das. Proiezione alle ore 22.15 al cinema Kappadue.

Alle 20.15 terzo appuntamento dell’omaggio a Isabel Coixet: "Le cose che non ti ho mai detto" è il tentativo di trovare nelle immagini una chiave terapeutica al dolore di una separazione. Un triangolo sentimentale eppure profondamente amaro, nel quale, sottolinea Alas Iou, «il desiderio nasce grazie all’assenza del suo oggetto e muore in presenza dello stesso». Così Coixet commenta il film: «Le cose che non ti ho mai detto è la solitudine. Nessuno dei personaggi riesce realmente a parlare di quello che sta succedendo nei suoi rapporti con l’altro. Tutti si ingannano su se stessi e sulle loro relazioni, sommersi in una solitudine terribile. È un film che si collega molto bene alle persone della mia generazione, per molti è un film-feticcio: era la prima volta che vedevano sullo schermo quello che succedeva nella loro vita quotidiana».

Nomen omen per la pellicola di David Lean in programma alle 15.30: il titolo originale di Ali del futuro è infatti The Sound Barrier e la pellicola ha vinto l’Oscar nel 1953 per…il sonoro. Scritto da Terence Rattigan, il film narra il sogno dell’industriale John Ridgefield alle prese con una scommessa umana e imprenditoriale: costruire un aereo in grado di infrangere la barriera del suono. Combinando in modo magistrale l’azione delle riprese aeree realizzate da Anthony Squire e la psicologia dei personaggi, Lean lavora di montaggio e realizza una pellicola alla quale non si può non pensare rivedendo The Aviator di Martin Scorsese.