Oggi alla 16.00 nella Sala Centro Iniziative Sociali a Cagliari viene presentato un interessante progetto che vuole fare del cinema uno strumento di terapia: Il Cinema per comunicare oltre il disagio è un’iniziativa nata grazie al supporto dell’Assessorato Regionale della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport.

Il progetto ha coinvolto quattro artisti sardi che hanno creato altrettanti cortometraggi lavorando con interpreti provenienti da una casa famiglia per ragazzi “ad alta intensità terapeutica”, ragazzi con disagio mentale, alcuni dei quali gravati da misure restrittive.

Ma cosa può fare il cinema per coloro che manifestano dei disagi psichici o comportamentali?
Le potenzialità risiedono proprio nelle sue dinamiche di visione.
Un film può essere terapeutico, perché permette, alla stregua di un’esperienza onirica, di proiettare le proprie Ombre psichiche (cioè le parti di noi stessi che non ci piacciono o che è faticoso accettare) e favorisce quindi il processo di rispecchiamento (Cfr. E. Girotti, Il cinema parla dall'inconscio. Meccanismi di identificazione e di proiezione in due casi clinici esemplificativi di Disturbo Borderline di Personali).

Questa dinamica consente a chi sperimenta il “sogno cinematografico” in qualche modo di raccontarsi e di raccontare storie altrui attraverso l’immedesimazione con l’esperienza filmica.
La narrazione alla base del testo filmico diventa quindi la narrazione di e per colui che guarda, che si pone così nella prospettiva di chi agisce sullo schermo.

Elementi questi estremamente utili in riabilitazione e più in generale nella terapia.
Se infatti la psicosi determina una storia di vita interrotta, raccontarsi può voler dire, in qualche modo, ricostruire una trama di vita.
Se il delirio è un giudizio che rifiuta il confronto, imparare a raccontare gli altri significa imparare a confrontarsi, a capire, immedesimandosi, le ragioni dell’altro.

L’ultimo cortometraggio prodotto all'interno del progetto ha visto gli stessi studenti impegnati collettivamente alla stesura della sceneggiatura, “costretti”, in un gioco didattico, ad applicare la tecnica del problem solving per raggiungere l’obiettivo.
È il metodo che si insegna alle famiglie con un membro affetto da psicosi per sconfiggere i conflitti conseguenti allo stress della convivenza con il disagio.
Una scommessa quindi per capire se il cinema può avere davvero un risvolto pratico nelle terapie.