Valentina e i suoi amici stanno organizzando l’occupazione della scuola (uno dei mezzi della lotta studentesca sessantottina che qui inizia a perdere valore) mentre il fratello, Michele (alter-ego morettiano), li spia ed è, a sua volta, spiato dal padre. In questo sguardo transgenerazionale in piano sequenza c’è tutta l’essenza e l’atemporalità di Ecce Bombo.
Il film è strutturato in maniera disordinata (ricorda le strisce dei fumetti tanto in voga in quegli anni), quasi a voler sottolineare il disordine culturale, ideologico ed emotivo dei personaggi, che passano le loro giornate senza uno scopo preciso, persi tra la voglia di fare e la pigrizia, colpiti da un’accidia, da un male di vivere, che li accomuna a tutti i giovani di tutte le epoche e li rende tremendamente soli ed incapaci di comunicare la loro solitudine, come ci mostra il finale del film dove Michele è l’unico che si reca dall’amica depressa Olga.
Oltre a raccontare in maniera ironica e mai troppo drammatica quel disagio giovanile spesso dimenticato o soltanto sfiorato da pellicole generazionali contemporanee, Ecce Bombo compie una satira feroce verso la cultura e gli stereotipi parasinistroidi di quegli anni;e risulta davvero sorprendente che l’attuale società sia riuscita ad elevare a modello proprio ciò che Moretti criticava nel film; basti pensare alla scena iniziale dove si prende in giro quel cinema italiano di serie Z che tanto produsse in quell’epoca (ricordiamo la battuta di Michele “Questo film qual è? Il capezzolo d’oriente?”), recentemente rivalutato ed addirittura etichettato come Cult o Stracult o al fatto che oggi, probabilmente, nessuno si stupirebbe se la velina (letterina, schedina, ecc.) o il tronista di turno alla domanda “Ma tu che lavoro fai?....concretamente?” rispondesse “Beh, mi interesso di cinema, musica, teatro….leggo,….giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio cose” (sempre che non abbiano il cattivo gusto di dichiararsi ballerine o attori).