"La musica certo non è mai stata un fattore accessorio o secondario, nel cinema di Winterbottom, ma non era mai stata posta sotto i riflettori ed al centro dello script come in questo caso. È abbastanza facile definire cosa non è 24 hour party people: non è un mockumentary alla Spinal tap, né una biografia musicale come, citando un esempio recente, Velvet Goldmine. Il film non può essere ridotto alla storia di Madchester e/o a quella di Tony Wilson: questo perché è anche una riflessione sul cinema, sia dal punto di vista tecnico (Niogret parla di “uno stile molto particolare di realizzazione che ricorda le carte incollate del cubismo”) che, in maniera che appare molto consapevole, filosofico. “Il film di Michael Winterbottom dimostra che la somma di contraddizioni altera il prodotto, che la forma è la sostanza e non viceversa, e che un’anarchia apparentemente inconsapevole è il frutto di una rigorosa disciplina creativa”. Metariflessione come nocciolo di un’autoreferenzialità che quindi a sua volta costituisce la cifra distintiva dell’operazione." (Brano tratto dalla tesi di Piervittorio Vitori