C’è un filo conduttore che lega quasi tutte le rassegne di questo mese: gli anni Sessanta, il decennio di maggior creatività del cinema italiano.
Come ha scritto Jean A. Gili nel libro di Valeria Napolitano Florestano Vancini. Intervista a un maestro del cinema, Liguori Editore, Napoli, 2008, da cui sono tratte le dichiarazioni di Vancini inserire nelle schede dei film, «Il 1960 rappresenta una data decisiva nella storia del cinema italiano, paragonabile forse, in una valutazione critica a posteriori, al 1945. In pochi anni si determina un cambio generazionale, che non troverà più riscontro nei decenni successivi». Esordiscono fra il 1958 e il 1962 Pontecorvo, Rosi, Olmi, Vancini, Damiani, De Seta, Montaldo, Pasolini, Petri, Bertolucci, i fratelli Taviani, Ferreri, Leone, esplodono i generi (il peplum, il western e, sul finire del decennio, il thriller) e il filone inesauribile dei film a episodi, si sviluppa l’underground, che proietta il cinema italiano in una dimensione internazionale, a stretto contatto, se non altro “elettivo”, con le forze più innovative del cinema americano, e sull’onda della dolce vita il fenomeno del divismo scuote il provincialismo italico ponendo Roma e la Hollywood sul Tevere al centro del mondo.
In questo periodo di fervore (anche critico grazie all’opera rigorosa di recensori e saggisti) gli autori dalla vena più personale sono rimasti inevitabilmente, in un’ideale foto di gruppo, un po’ in disparte e meritano oggi, a distanza di decenni, una riflessione, purtroppo in molti casi postuma.
È il caso dei tre autori presentati in questa retrospettiva, Antonio Pietrangeli (1919-1968), Valerio Zurlini (1926-1982) e il recentemente scomparso Florestano Vancini (1926-2008), tre registi di cui solo adesso si riesce a percepire pienamente la grandezza, lungo due direttrici, destinate a convergere: l’uomo (e la donna, soprattutto, vista come prospettiva privilegiata per registrare i cambiamenti sociali) e la Storia, con il peso della guerra che, esaurita la ricostruzione e iniziata l’era del boom, incombe sulle coscienze imponendo finalmente un esame, prima di tutto interiore.
Lungo questi percorsi si è andati alla ricerca di ulteriori affinità elettive (le vite e le carriere dei tre registi si intrecciano) con film e registi guidati dalla medesima sensibilità, vera e propria cifra stilistica di uomini che alla macchina da presa chiedevano delle risposte alle loro ansie esistenziali. Come Armando Crispino, che ha collaborato a lungo con Pietrangeli, e Sandro Franchina, a cui si rende omaggio questo mese in due eventi idealmente collegati.

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