"Metafora delle nostre paure più intense è il mostruoso alieno protagonista di Alien (Alien, 1979) diretto dall'inglese Ridley Scott. Indubbiamente questa pellicola appartiene a quella fantascienza, minacciosa e apocalittica, che tinge di nero il nostro futuro e che lascia presagire giorni cupi per l'umanità: un'umanità quasi sempre proiettata in un'epoca in bilico tra sempre più sofisticate conquiste tecnologiche e pauroso regresso civile e sociale.
Questo filone della science fiction svolge un discorso di tipo sociologico fondato sulla realtà del presente storico e sui suoi possibili sviluppi. Si tratta di una fantascienza che ammonisce l'umanità, richiamandola ad una più vigile coscienza e senso di responsabilità.
Alien appartiene cioè a quel filone che anticipa storie improbabili, ma non impossibili, nella speranza di prevenire terrificanti sciagure. E' proprio a partire da Alien che il termine "alieno" è venuto a designare, nel cinema fantastico e nel linguaggio corrente, la "creatura" proveniente dallo spazio esterno, il "diverso" proveniente dal buio degli "spazi siderali".
Già lo stesso termine è carico di sfumature non certo benevole verso l'altro. Infatti, nell'aggettivo latino "alienus", è implicita l'idea di ostilità, che nella nostra cultura si è conservata nel termine "alienato" con cui vengono etichettati gli "irregolari", gli elementi di disturbo. L'opposizione umano/alieno, presente nel film di Scott, diviene lo spunto iniziale di ulteriori opposizioni: noi/loro, cultura/natura, ragione/istinto, bene/male, io/es.
In realtà, tutto il cinema dell'invasione aliena, quello che tra tutti i generi possibili mette meglio in evidenza la paura dell' "altro" insita nell'uomo, è in fondo riconducibile proprio al conflitto dinamico tra l'io, regno del razionale, e l'es, regno delle pulsioni incontrollate e spesso incoffessabili."