Parte oggi 27 giugno per chiudersi fra una settimana un vagabondaggio all’interno della storia del cinema del XX secolo che spazia dall’eloquenza delle prime pellicole del muto agli spettacoli del CinemaScope, passando per un labirinto cinematografico di sentieri obliqui dove è possibile riscoprire una schiera di film dimenticati dal tempo e ora tornati a nuova luce grazie ad accurati restauri.

È il festival del Cinema Ritrovato è l’appuntamento principe all’interno della attività annuali della Cineteca di Bologna. Per rappresentatività, ampiezza di proposte, indirizzo culturale e longevità.
Nata nel 1986 e promossa in collaborazione con la Mostra Internazionale del Cinema Libero, la manifestazione ha sempre fatto dell’imprevedibilità e della sorpresa il suo cuore pulsante. Qualcosa che passa con estrema facilità dalle produzioni d’avanguardia a quelle più popolari in nome di un cinema più laterale, rimasto per varie vicissitudini ai margini della storia. E così, questa fitta schiera di film sconosciuti, ritrovati o restaurati non possono che sospingerci in un lungo vagabondaggio tra temi, protagonisti e territori caratteristici della pellicola del secolo scorso.

Una rassegna che si è potuta costruire negli anni grazie a una vasta ragnatela di collaborazioni che mette in contatto Bologna con cineteche e archivi di tutto il mondo, garantendo percorsi spiazzanti a chiunque si ponga davanti a quegli schermi: dagli appassionati di star, autori e generi, a storici e studiosi, passando per tutti quei semplici amanti del cinema che qui si trovano a tu per tu con questo inconsueto e prezioso pasto visivo.

Uno degli appuntamenti più gustosi è quello della sezione Cento anni fa, la forma più esaltante di viaggio nel tempo che, iniziata sei anni fa, raggiunge ora, col 1909, uno dei suoi anni più gloriosi.
La serie, curata da Mariann Lewinsky, presenterà i film più interessanti, documentari e di finzione, sulla vita e l’immaginario di chi viveva esattamente un secolo fa. In particolare avremo due eventi speciali: un omaggio a Georges Méliès e una ricostruzione del primo festival di cinema della storia, che ebbe luogo appunto nel 1909.

Il colore sarà un tema costante e diffuso nel programma di quest’anno e per gli anni a venire. Apparentemente il semplice risultato di un avanzamento tecnologico, il colore, in realtà, è molto più di questo. È noto che i momenti più affascinati e memorabili sono quelli che seguono immediatamente l’affermarsi di ogni nuova invenzione. Ecco perché gli organizzatori hanno deciso di ripercorrere questo viaggio dai film colorati a mano, a quelli virati fino al Technicolor a tre matrici.

Le sale principali sono tre: il Lumière 1 per il cinema muto, il Lumière 2 per i primi film sonori e l’Arlecchino, una splendida sala degli anni Cinquanta, per i film più recenti.
A queste si aggiungono il Teatro Comunale, dove verrà proiettato il più grande dei film pirandelliani, Il fu Mattia Pascal di Marcel L’Herbier, con una partitura inedita di Timothy Brock, e piazza Maggiore che partirà con Scarpette rosse di Michael Powell e Emeric Pressburger e chiuderà con Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone, entrambi splendidamente restaurati. E in mezzo a questi, altri restauri molto attesi come Le vacanze di M. Hulot di Jacques Tati, Senso di Luchino Visconti, un buon candidato al titolo di miglior film a colori di tutti i tempi, e La folla di King Vidor, uno dei film più decisivi e centrali del cinema statunitense (e non solo), accompagnato da Henrik Otto Donner, il grande vecchio del jazz scandinavo.

Un’ulteriore prospettiva viene offerta dalla compresenza di due rassegne dedicate al cinema italiano, ma relative a due periodi storici molto diversi tra loro: la prima raccoglie i film degli anni Dieci e Venti che hanno come protagonista Maciste, la seconda è dedicata a Vittorio Cottafavi, autore di vari film storici e di peplum, un regista capace di trattare con rispetto, gusto letterario e acume visivo i vari generi, spesso considerati minori, che si è trovato ad affrontare.

Quest’anno appuntamento speciale anche con Frank Capra: la maggior parte dei suoi film muti sopravvissuti, alcuni dei quali realmente “invisibili” da tempo, a cui s’aggiungono i suoi fantastici, e troppo poco noti, inizi nel cinema sonoro.
Difficile dire quale sia la sezione più “rara” dell’intero festival, anche se brilla Kinojudaica, dedicata al cinema russo realizzato da attori e registi ebrei e curata da Natacha Laurent e Valérie Pozner. E se i nomi di Michail Romm e di Evgenij Bauer sono noti a tutti, lo stesso non può dirsi di molti altri, a riprova di quanto sia angusta e convenzionale la nostra nozione ufficiale di storia del cinema.

Le rarità, i restauri e le riscoperte sono da sempre una delle specialità del festival. Quest’anno abbiamo Anni difficili di Zampa (un gioiello che risale ai primi anni del neorealismo), L’Enfer (un film incompiuto e ritrovato di Henri-Georges Clouzot, con una fantastica Romy Schneider), Sole (o almeno le immagini della lavorazione del celebre film d’esordio di Alessandro Blasetti), Occupati di Amelia! (il film che Claude Autant-Lara considerava il suo miglior risultato) e Fuoco! di Gian Vittorio Baldi (1968), un capolavoro moderno, testimone di un momento particolarmente felice del cinema italiano.

Anche quest’anno la sezione dedicata a Charles Chaplin si occupa in realtà dell’influenza che ha esercitato sulle persone con cui ha lavorato. Harry d’Abbadie d’Arrast, assistente di Chaplin, è stato un importante regista, poco noto al grande pubblico, ma fortemente sostenuto da una ristretta cerchia di conoscitori.
Il “mistero Chaplin”, inoltre, sarà ulteriormente indagato da Cecilia Cenciarelli che in un dossier speciale illustrerà il suo progetto per un film su Napoleone.

Per visionare il programma completo della rassegna: www.cinetecadibologna.it