"Le marionette del bunraku fanno da sfondo a tutte le storie raccontate in Dolls, film presentato in concorso al Festival di Venezia nel 2002. Esse racchiudono per intero il film, che si apre e chiude con immagini della rappresentazione di un’opera tratta dal suo repertorio tradizionale, "I messi dell’inferno", scritta da Chikamatzu Monzaemon, lo “Shakespeare giapponese”, come amano chiamarlo i suoi connazionali, e rappresentata dal vero nel Teatro Nazionale di Tokyo.
Nell’immagine d’apertura del film i burattini ancora in attesa di vita e sullo sfondo il tramestio confuso degli artisti che si preparano. Un semplice gesto da parte del narratore e del suonatore di shamisen, ancora dietro le quinte, e la piattaforma girevole su cui siedono viene fatta scattare con un colpo deciso, e i due si ritrovano in un attimo non più dietro, ma davanti al palco, sotto gli sguardi incantati del pubblico, nella sala del Teatro Nazionale di Tokyo gremita di gente.
Inizia lo spettacolo. Gli occhi del pubblico in sala, così come quelli dello spettatore del film sono attratti dai colori degli abiti dei burattini, dai loro movimenti, insieme a quelli dei loro burattinai, di cui appaiono come un prolungamento delle braccia, delle gambe e dell’intero corpo, e ancora dalla voce, eccessivamente drammatizzata del narratore: burattinai, burattini e narratore, assieme alla musica che ritma il tutto, sembrano davvero dare la vita ad un unico corpo.
Lo spettacolo per uno spettatore giapponese ha un significato ben più profondo, rimanda alla tradizione, alla cultura dell’intero Paese, con una simbologia che risulta quasi incomprensibile ad un occidentale, del tutto estraneo a questo genere di spettacolo ma che pur non comprendendone per intero l’essenza, rimane comunque incantato dal fascino senza tempo di queste bambole.
Alla fine dello spettacolo, con i burattini ancora in scena, la voce del tayu sintetizza la morale della storia: “onore, gloria e successo sono solo granelli di sabbia, le loro tracce diventano polvere sparsa sulle strade di Yamato calpestata per l’eternità”.
I burattini escono di scena. Solo ora compaiono i titoli d’apertura, a ribadire la centralità dello spettacolo bunraku, vera chiave di lettura per la comprensione di tutte le storie che si dispiegheranno nel corso del film. Torna l’immagine dei due pupazzi dei protagonisti, stavolta soli, sullo sfondo nero: si abbracciano, si guardano, bisbigliano e poi il loro sguardo fisso, immobile, così come solo quello di un burattino può esserlo, si rivolge verso un punto lontano.
Una corda rossa lega due giovani, dai costumi che risaltano in particolar modo per i colori, mentre avanzano lungo un viale alberato e su di loro appare il titolo del film Dolls, a rendere esplicito il richiamo ai due burattini di poco prima, ripresa che subito balza agli occhi. Tutti gli episodi, abilmente incastrati, seguono nella narrazione una sapiente architettura.
Un’immagine presenta i protagonisti delle storie come sono nel presente, e subito dei flashback si inseriscono a raccontare le loro vicende per poi chiudere il cerchio, concludendosi nel punto in cui ci sono stati presentati. E’la prima storia, quella dei vagabondi legati, ed è in particolare la corda che li tiene uniti, a fare da metaforico trait – d’union tra tutte le vicende."