Korea Film Festival
Firenze capitale italiana del cinema coreano
E’ in corso fino al 30 marzo, presso l’Auditorium Stensen di Firenze, la quinta edizione del Korea Film Festival. Organizzato dal 2003 dall’Associazione Culturale Taegukgi, il festival, in Italia unico nel suo genere, vuole essere un ponte per far conoscere, attraverso il grande schermo, la cultura della Corea del Sud, un paese affascinante e misterioso, tuttora in bilico tra passato e presente, tradizione ed innovazione.
L’edizione attualmente in corso vanta un programma ricco ed articolato che conta 25 film, 16 anteprime nazionali e 2 retrospettive (una su Im Sang-soo e una su Im Kwon-taek). Considerato il più grande regista coreano vivente, Im Kwon-taek ha contribuito in modo decisivo ad affermare la scuola cinematografica del suo paese affacciandosi sul palcoscenico internazionale con il film “Ebbro di donne e di pittura”, l’affascinante affresco sull’arte figurativa coreana interpretato da Choi Min-shik (il protagonista di Old Boy), che gli è valso la palma d’Oro per la regia a Cannes nel 2002.
Tra i registi presenti alla kermesse troviamo alcuni dei nomi più rappresentativi del cinema coreano: da Im Sang-soo, di cui verrà proiettata l'intera filmografia, a Lee Jae-yong con il suo provocatorio "Dasepo Naughty Girls", da Hong Sang-Soo, Choi Ho, Kim Dae-Woo, all'attesa proiezione della versione originale, con sottotitoli italiani, di "Time", l’ultimo capolavoro di Kim Ki-Duk (il noto regista di Primavera, Estate, Autunno, Inverno... e Ancora Primavera, L’Arco e Ferro 3).
Per scaricare il programma e conoscere tutte le informazioni relative ad orari, location, conferenze ed appuntamenti potete visitare il sito ufficiale della manifestazione: www.koreafilmfest.com.
Approfondimenti
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"L’arco": del Mito o dei tre finali
Ho visto l’ultimo film di Kim Ki-Duk, L’arco, ieri sera nella piccola sala deserta del cinema del mio paese: ho contato cinque persone, tre delle quali, come me, prive di compagnia. Appunto queste brevi note perché rientrano, anch’esse, nel giudizio critico.
L’ultimo (capo)lavoro del regista coreano è una bella favola: e d’altronde l’uso di situazioni tipologiche, intrise di pregnanza simbolica...»
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