Nel 2000 esce invece l’ambizioso Traffic di Steven Soderbergh, che si propone, attraverso l’intreccio di svariate storie, di affrontare il discorso della droga su più livelli, polemizzando con le ipocrisie di una lotta alla droga che sembra troppo spesso “imparentata” col potere.
Sempre targato 2000 è Requiem for a Dream di Darren Aronofsky, cruda e drammatica critica alla società americana delle “dipendenze”, anche questa è una pellicola molto ambiziosa che si propone di mettere sullo stesso piano la tossicodipendenza, la teledipendenza e l’allarmante abuso di psicofarmaci, prescritti incurantemente da certa medicina moderna; Aronofsky si avvale di una regia avanzatissima che mira a creare un climax esasperante attorno alle varie storie intrecciate.
Nel 2001 arriva nelle sale Blow di Ted Demme, film che affronta la vita di uno dei più noti narcotrafficanti degli Stati Uniti attivo fra gli anni sessanta ed ottanta. L’atmosfera è quella di una “festa” che termina in un penoso dramma familiare, il tutto all’insegna di un soggetto forzato e molto superficiale che, di fatto, non aggiunge nulla a quanto detto.
Spun, prodotto indipendente USA-Svezia, arriva nel 2002 firmato da una regia funambolica e frenetica di Jonas Akerlund che si propone un gelido sguardo sul nuovo fenomeno della metanfetamina, localizzato proprio negli Stati Uniti. Malgrado molte idee siano davvero efficaci, anche questo film non arriva a colpire il segno, l’obiettivo del regista è di fatti fuori fuoco e non riesce a trasmettere a pieno quello che potenzialmente aveva da dirci.
Un altro esordiente, Joshua Marston, viene messo alla regia di una produzione mista USA-Colombia, si tratta di Maria Full of Grace del 2004, toccante racconto-verità vicino ad un asettico realismo sociale ma comunque intriso di una sensibilità notevole. Questa pellicola racconta la storia delle cosiddette “mule”, ovvero le ragazze di cui la mafia colombiana si serve per contrabbandare la cocaina negli Stati Uniti. Joshua Marston si rivela un’autentica sorpresa e firma una pellicola che va a segno con una semplicità impeccabile.
Nel 2006 viene prodotto in Australia Paradiso+Inferno di Neil Armfield, ennesimo film che analizza lo squallore in cui l’eroina può far precipitare una giovane coppia d’innamorati, ma ancora una volta, nonostante i nobili intenti ed un’estetica brillante, il risultato non risulta essere all’altezza del tema che affronta.

Estratto dalla tesi di Alessandro di Blasi