Dopo numerose trasposizioni, adattamenti e ammiccamenti alle sue opere, il cinema ha accolto di recente Edgar Allan Poe nei panni di personaggio principale di un poliziesco. Ovviamente, dal sapore gotico.
Da un secolo ormai i suoi racconti sono fonte di ispirazione per pellicole di ogni tipo e The Raven ha il merito di dare vita, finalmente, al grande scrittore originario del Massachussets; per altro, John Cusack è particolarmente somigliante e convincente nei suoi panni.
Ma, concretamente, quali pellicole hanno messo Edgar Allan Poe sulla mappa di Hollywood, contribuendo anche alla riscoperta di alcuni dei suoi racconti meno conosciuti?
Difficilmente una letteratura può essere più adatta alla trasposizione cinematografica di quella di Poe, considerando il suo stile visionario e, al contempo, la dura concretezza delle immagini descritte. I suoi personaggi sono schiavi dei cinque sensi e la tentazione è sempre stata forte per il cinema. Infatti si è visto di tutto, fin dal periodo del muto.
Ma il ricordo più vivido sicuramente è rappresentato dal ciclo di Roger Corman, nato nei primi anni '60 dall'amore per lo scrittore e caratterizzato dalla quasi onnipresenza di Vincent Price, assente solo in Sepolto vivo, ma sostituito da un Ray Milland più paranoico che mai.
I film di Corman si distinguono per le scenografie sfarzose, i colori accesi e l'impianto fortemente teatrale. I racconti scelti sono quelli che più permettono la messa in scena di drammi psicologici che accarezzano il soprannaturale, sempre con eleganza e, a volte, scivolando in uno humour grottesco; è il caso di I maghi del terrore e dell'episodio Il gatto nero in I racconti del terrore, nei quali Peter Lorre e Boris Karloff fanno, in sostanza, i comici.
Un trio di autori firma nel 1968 Tre passi nel delirio, con Vadim, Malle e Fellini che adattano rispettivamente "Metzengerstein", "William Wilson" e "Non scommettere la testa col diavolo"; l'ultimo si distingue per ritmo e componente onirica, mentre i primi due, pur attingendo anch'essi ai "Racconti del terrore", non abbandonano un registro classico.
Più violento e tenebroso è Occhi diabolici, del 1990, che confronta gli stili di Argento e di Romero, che dirigono Il gatto nero e Fatti nella vita del signor Valdemar; l'episodio del regista italiano è uno dei suoi migliori lavori nel decennio e l'impatto della sua narrazione risulta più incisivo di quello di Romero; l'epilogo, in particolare, è pura trasposizione del concetto di 'orrore', sia sul piano emotivo sia su quello visivo.
Alla trafila non potevano mancare dei nomi legati a doppio filo con il substrato horror a tinte scure come Frank Darabont (con una delle versioni di Sepolto vivo) e Stuart Gordon, che adatta due racconti con la produzione di Charles Band. Mentre l'inglese Gordon Hessler nel 1971 porta sul grande schermo quello che è considerato il primo racconto poliziesco nella storia della letteratura, Murders in the Rue Morgue.
Già, perché, tra le altre cose, Edgar Allan Poe ha anche fissato i canoni della letteratura poliziesca basata sul percorso indiziario, che ha fatto la fortuna di personaggi come Sherlock Holmes e tutti i derivati.
Dal prodotti di genere agli autori più celebrati del '900: questa è l'influenza dello scrittore americano sul cinema e, di conseguenza, sull'immaginario comune. Come sempre, la consacrazione arriva tardi, quando non può coincidere con la gratificazione; costretto a scrivere per non morire di fame, tra l'alcolismo e le chiacchierate patologie che gli furono poi affibbiate, Poe muore a quarant'anni in circostanze misteriose, deliranti, proprio come nei suoi scritti. Ma tanto basta per entrare nella storia.