"La terza prova spinge Sofia Coppola a recarsi in Giappone, attratta da prospettive diverse rispetto alla pellicola precedente. La regista vuole girare un film più intimo, con pochi personaggi: quindi, lavora ad una sceneggiatura originale basata sul suo modo di vedere la vita.
Nasce così Lost in translation: una storia d'amicizia nuova e toccante, quasi un simbolo del vivere frenetico contemporaneo, una speranza che, sia pure in mezzo al caos e al rumore estraniante di una città come Tokyo, si possa scoprire un possibile incontro d'anime.
A Sofia Coppola piace molto il senso di straniamento che la città sa regalare al visitatore occidentale: un luogo senza nomi di strade, piena di luci al neon, un caos assordante che avvolge e stordisce; il tutto, a tratti reso immobile dai panorami ripresi dal Park Hyatt, il lussuoso hotel che domina la città dall'alto come fosse «una silenziosa isola galleggiante».
La storia è quella di due americani, il maturo Bob e la giovane Charlotte, che si incontrano e fanno amicizia nel lussuoso albergo di Tokyo. Star del cinema in declino, Bob è arrivato in Giappone per girare uno spot pubblicitario di una marca di whisky: il lavoro non lo entusiasma ma il compenso di due milioni di dollari sembra gli faccia passare ogni dubbio. Charlotte, invece, è una giovane donna che accompagna il marito John, fotografo in ascesa, il quale non rinuncia mai ad un incarico e, così facendo, trascura un la giovane moglie lasciandola tutto il giorno da sola.
Prima scena: Charlotte, di spalle, è sdraiata sul letto di una stanza d'albergo e indossa uno slip rosa. La prima inquadratura del film è un evidente omaggio al pittore foto-realista John Kacere (1920-1999), che usava il pennello per rendere l'intimo la seconda pelle della donna. È proprio così che la regista sceglie di aprire il film: un vago accenno di erotismo (scelta stilistica che trasparirà dagli atteggiamenti dei protagonisti per tutta la pellicola) in cui pelle e tessuto si mescolano per diventare simili a tal punto da poter essere scambiate. Nello stesso momento, all'aeroporto di Tokyo arriva un uomo sulla cinquantina e, mentre attraversa la città in taxi scorge un enorme cartellone pubblicitario che lo ritrae in smoking con un wiskhy in mano..."